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Rimborso spese per le trasferte: cosa può dedurre l’azienda

Il rimborso spese per le trasferte motivate da attività lavorativa è un costo deducibile per l’azienda ed è quindi uno strumento di pianificazione fiscale importante per ridurre le tasse da pagare. La deducibilità dei rimborsi spese, però, dipende da regole e condizioni che variano a seconda di molti fattori: è importante conoscerli tutti per applicare correttamente questo strumento e ottenerne degli effettivi vantaggi fiscali.

Innanzitutto, per trasferta si intende lo spostamento temporaneo del collaboratore dalla sede “naturale” di lavoro per lo svolgimento di un’attività per conto dell’azienda. Per i dipendenti e assimilati, il punto di partenza di riferimento è la sede dell’azienda indicata nel contratto di lavoro: si considera trasferta quando il dipendente è tenuto a recarsi fuori dal Comune della sede dove si reca abitualmente. In altri casi è più complesso stabilire quando si tratti di trasferta, poiché non esiste un’indicazione contrattuale in merito alla sede di lavoro: è ad esempio il caso di collaboratori esterni e amministratori, per cui l’Agenzia delle Entrate precisa di considerare il domicilio fiscale del soggetto

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Deducibilità dei rimborsi spese 

L’identificazione della sede di lavoro è molto importante, perché uno degli elementi di variazione della deducibilità del rimborso spese per le trasferte è la destinazione dello spostamento, la quale segue regole diverse se essa avviene all’interno o all’esterno dei confini comunali e soprattutto nazionali. 

Se la trasferta del dipendente avviene all’interno dei confini comunali, infatti, la deducibilità per l’azienda si limita al 75% dei costi sostenuti (art. 109 comma 5 del TUIR), fatta eccezione per i costi di viaggio con trasporto pubblico, che sono sempre deducibili integralmente, e per i rimborsi chilometrici, che seguono le proprie regole specifiche.

Per le trasferte al di fuori del comune di partenza, invece, i principali criteri di applicazione della deducibilità dipendono dal metodo scelto per il calcolo dei rimborsi spese e dalla natura dei costi sostenuti: le spese di vitto e alloggio hanno un trattamento diverso rispetto alle spese di viaggio. La normativa di riferimento si trova soprattutto nell’art. 95 comma 3 del TUIR

Calcolo rimborso spese del dipendente: metodo analitico, forfettario, misto

L’art. 51 comma 5 del TUIR definisce 3 possibili metodi per calcolare il rimborso spese da corrispondere a un lavoratore dipendente che svolge trasferte per conto dell’azienda al di fuori del comune dove ha sede l’azienda. La scelta fra questi metodi è dell’azienda, che può decidere di applicare un metodo diverso per ciascuna trasferta, ma all’interno di una trasferta deve mantenere il medesimo metodo per tutti i giorni di durata della stessa. 

Metodo forfettario: prevede il riconoscimento di un rimborso spese fisso per vitto e alloggio, a prescindere dall’entità delle spese effettivamente sostenute. Il lavoratore, quindi, non deve presentare alcuna documentazione dei costi, ad eccezione delle spese di viaggio e trasporto corrisposti in aggiunta al rimborso forfettario. 

Metodo analitico o a piè di lista: prevede il riconoscimento di un rimborso di tutte e sole le spese dettagliate dal lavoratore in una nota spese corredata di apposita documentazione dimostrativa per ogni voce di costo (scontrini, fatture, biglietti ecc.). 

Metodo misto: riconoscimento di un rimborso spese analitico per le spese documentate di vitto o alloggio o entrambi, ma anche di un’indennità forfettaria per le spese non documentate. A questi si può poi aggiungere il rimborso per le spese di viaggio, che è sempre separato.

Cosa può dedurre l’azienda

Per il metodo forfettario non c’è alcun limite di deducibilità per l’impresa: l’intero importo forfettario è deducibile dall’imponibile IRES. Il grande vantaggio del metodo forfettario, perciò, è l’estrema semplificazione delle procedure. L’importo minimo dell’indennità forfettaria è stabilito dai contratti nazionali collettivi, mentre non ci sono limiti massimi, ma va ricordato che oltre determinate soglie l’importo diventa imponibile per il lavoratore (art. 51 del TUIR).

Il metodo analitico, invece, prevede per l’azienda alcuni limiti di deducibilità per le spese di vitto e alloggio:

  • fino a 180,76€ al giorno per trasferte fuori dal comune di partenza in Italia;
  • fino a 258,23€ al giorno per trasferte all’estero.

La disciplina fiscale del metodo misto, infine, prevede la deducibilità integrale dal reddito d’impresa, come per il metodo forfettario (C.M. n. 188/1998).  

Discorso a parte va fatto per le spese di viaggio: come già accennato, sono sempre deducibili integralmente quelle relative al trasporto pubblico, ma vanno sempre documentate con i biglietti di viaggio per aerei, treni, navi ecc. o scontrini e fatture per taxi e assimilati.

Se invece il lavoratore usa la propria auto per gli spostamenti di trasferta, si applicano le regole del rimborso chilometrico: la deducibilità vale solo per veicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali o a 20 se diesel, secondo le tariffe indicate dalle tabelle ACI (qui quelle del 2022, ma vengono aggiornate ogni anno). Infine, se l’auto è presa a noleggio, si applicano gli stessi limiti di potenza e le tariffe del noleggio.

Rimborso spese per collaboratori in partita iva: deducibilità

La deducibilità dei rimborsi spese per l’azienda cambia se riguarda collaboratori con partita iva.

Si devono distinguere due situazioni diverse. Quando il collaboratore anticipa le spese e poi le inserisce in fattura, si applicano le seguenti casistiche:

  • in caso di rimborso analitico, la spesa è interamente deducibile;
  • in caso di rimborso forfettario, la spesa è deducibile solo per il 75%.

Quando invece la società paga direttamente le spese del collaboratore, si applicano le soglie del metodo analitico:

  • fino a 180,76€ per le spese di vitto e alloggio in Italia;
  • fino a 258,23€ per le spese di vitto e alloggio all’estero;
  • deducibilità integrale per le spese di viaggio.

Proprio perché le variabili sono molte, è importante utilizzare i rimborsi spese con criterio per ottenerne il maggior beneficio fiscale possibile. 

Il metodo forfettario, per esempio, ha il grande vantaggio di rendere più snelle le procedure, di poter essere stabilito con flessibilità ed essere integralmente deducibile, ma non permette di controllare con precisione le spese e può determinare per l’azienda oneri superiori a quelli effettivamente sostenuti dal lavoratore (così come, ovviamente, si può verificare anche il contrario). 

Il metodo analitico, invece, permette di rimborsare solo i costi effettivamente sostenuti, ma richiede una nota spesa puntuale, da archiviare e conservare, e le eventuali verifiche. Questo può essere uno svantaggio dal punto di vista pratico, ma anche un vantaggio perché permette di avere un maggiore controllo sulle spese di trasferta.

Ogni metodo di calcolo dei rimborsi spese può quindi avere vantaggi e svantaggi a seconda della tipologia di trasferta, della durata della stessa, della quantità e dalla tipologia di costi che si prevede di sostenere: tutti fattori che l’azienda deve prendere in considerazione al momento di scegliere come erogare i rimborsi spese, approfittando anche della possibilità di utilizzare un metodo diverso per ogni trasferta, valutando caso per caso quale sia il più conveniente.

Avv. Carlo Alberto Micheli

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