Aprire partita iva come cuoco a domicilio
INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
Vuoi aprire Partita Iva come cuoco a domicilio? Questo articolo ti può aiutare a capire cosa devi fare, quanto pagare in tasse, quali sono i costi eventuali dell’apertura e quale regime fiscale è il migliore per te.
Scoprirai anche se è possibile lavorare come cuoco a domicilio senza la Partita Iva, qual è la differenza tra prestazione occasionale e Partita Iva, come funziona il regime dei minimi.
È possibile lavorare come cuoco a domicilio senza partita IVA?
La prima domanda che ci poniamo in questo articolo, e che si pongono molti di coloro che vogliono avvicinarsi a questa professione, è se è possibile lavorare senza Partita Iva per un cuoco a domicilio.
Prima di dare una risposta, vediamo di cosa si occupa questa figura professionale.
Un cuoco a domicilio è un freelance della ristorazione che però non cucina all’interno di ristoranti o locali, bensì direttamente a casa del cliente.
Spesso si arriva a questo facendosi conoscere dalla clientela magari durante un precedente lavoro come dipendente presso un ristorante, oppure creando un proprio sito web per pubblicizzarsi o, ancora, iscrivendosi a delle piattaforme online in cui i clienti prenotano cene o pranzi con menu già prestabiliti.
Si tratta della scelta ottimale per chi ha già una discreta esperienza nel mondo della ristorazione ma vuole mettersi in proprio per far conoscere le proprie doti da chef.
Quello del cuoco a domicilio non è un percorso consigliabile, invece, per chi è alle prime armi, in quanto occorre possedere delle importanti nozioni di organizzazione, spesa, e gestione dei tempi.
Il cuoco a domicilio dovrà inoltre possedere un’abilitazione “per la somministrazione di cibi e bevande”, rilasciata dopo uno specifico corso da seguire presso Confesercenti o Confcommercio o Camere di Commercio.
A questa abilitazione va associata quella per alimentaristi, da conseguire presso la propria Asl di competenza.
Si capisce, in questo modo che aprire la Partita Iva come cuoco a domicilio è quasi indispensabile.
Esistono però dei casi, in verità rari, in cui si può adottare il regime di prestazione occasionale (che non consigliamo).
Vediamo quali sono questi casi.
Prestazione occasionale per cuoco a domicilio: ecco come funziona
A differenza di altre professioni, che valutano la possibilità iniziale di un regime fiscale a prestazione occasionale, per quanto riguarda il cuoco a domicilio la Partita Iva va aperta necessariamente, in quanto sono gli stessi chef professionisti che si cimentano nell’occupazione di cuoco a domicilio.
Spieghiamo comunque in cosa consiste un regime fiscale di prestazione occasionale.
Si tratta di una soluzione pensata per chi è alle prime armi di una professione o non possiede molti clienti e, soprattutto, questi ultimi non sono continuativi.
Va bene perciò se si ha intenzione di svolgere un lavoro solo saltuario, cosa che un cuoco a domicilio di solito non fa.
Le tasse vengono pagate sotto forma di ritenuta d’acconto, con una trattenuta del 20% rispetto alla cifra pattuita con il cliente.
Per rientrare nel regime fiscale della prestazione occasionale è necessario inoltre non fatturare più di 5 mila euro all’anno, e che le prestazioni offerte non superino i 30 giorni in un anno solare per cliente.
Se dunque si hanno diversi clienti per i quali si lavora abitualmente, anche se non si raggiunge la soglia dei 5 mila euro annui, sarà necessario aprire una Partita Iva per cuochi a domicilio.
Regime forfettario per il cuoco a domicilio: la soluzione più conveniente?
La soluzione iniziale più conveniente se decidi di aprire una Partita Iva come cuoco a domicilio è senz’altro quella di usufruire del regime forfettario.
Questo particolare tipo di Regime Fiscale possono adottarlo tutti coloro che non fatturano più di 65 mila euro all’anno (prima del 2019 il limite era fissato a 30 mila euro) e consente di risparmiare sulle tasse, con il pagamento del solo 5% di imposta sostitutiva per i primi cinque anni dall’apertura, mentre dal sesto anno in poi si passerà al 15% di imposta.
Le ulteriori spese saranno legate all’iscrizione presso la cassa previdenziale di competenza e all’Inail, per la sicurezza sul lavoro.
Tra i vantaggi ci sono poi quelli di fatturare con esenzione da Iva, con la possibilità di applicare prezzi più concorrenziali ai clienti.
Si è inoltre esonerati dagli studi di settore e dalla fatturazione elettronica: in pratica le fatture possono essere inviate al cliente con bollo via mail e scansionate, poi numerate e conservate, non registrate.
Occorre però ricordare che con questo regime fiscale non potrai dedurre alcuna spesa dell’attività lavorativa, tranne che per strumenti strettamente legati alla professione, entro una percentuale che per i cuochi a domicilio è stata fissata al 22%.
Altre soluzioni per il cuoco a domicilio
Oltre alle soluzioni della ritenuta d’acconto e dell’adozione del regime fiscale di vantaggio (regime Forfettario), un cuoco a domicilio può lavorare con Partita Iva in regime ordinario (se supera i 65 mila euro di fatturato annuo e se il suo caso specifico mostra una poca convenienza nell’applicazione del regime forfettario) oppure, ovviamente, come dipendente.
Quest’ultima soluzione include sia le assunzioni a tempo indeterminato, sia quelle a tempo determinato o con contratti atipici.
La maggior parte dei cuochi a domicilio lavora però con Partita Iva, in quanto se lavora come dipendente il cuoco a domicilio sarà inviato dal ristorante per cui presta mansione e che offre il servizio della cucina a domicilio: in questo caso il pagamento verrà conferito al ristorante stesso.
Come dipendenti i cuochi lavorano presso i ristoranti, oppure negli alberghi, all’interno delle mense, presso imprese che si occupano di fornire catering e banchetti per gli eventi, navi da crociera, pub, bar con tavole calde, autogrill, etc., e vengono regolarmente stipendiati ogni mese.
Ci sono poi le figure specializzate: pasticcieri, cuochi di pesche, pizzaioli, e così via, che però dovranno formarsi in maniera ulteriore e più approfondita.
Lavorare come cuoco a domicilio: il consiglio del commercialista
Il primo consiglio che un commercialista può darti è quello di iscriverti, contestualmente all’apertura della Partita Iva, alla Camera di Commercio in quanto attività Artigianale, e poi all’Inail.
Occorre poi aprire una posizione previdenziale presso la Gestione Inps commercianti, con versamento dei contributi minimi suddivisi in 4 rate fisse trimestrali ed eventuali contributi successivi, calcolati in fase di Dichiarazione dei Redditi, sul reddito eccedente il minimale. (circa 15.000€)
Ricorda che rivolgendoti ad un commercialista online di MyAccountig.it si potrà richiedere una prima consulenza di valutazione gratuita, con una soluzione tutta smart rispetto alla classica consulenza tradizionale del commercialista in studio.
Non ci resta che augurarti, a questo punto, in bocca al lupo per la tua nuova attività.
In conclusione, per un medico veterinario è molto importante lavorare con Partita Iva, in quanto ciò gli consente di esplicare al meglio la sua professionalità.
Il regime fiscale forfettario è senza dubbio consigliabile, perché più agile e ricco di vantaggi, soprattutto per chi inizia a lavorare da libero professionista.
Ora tocca a te fare la tua scelta.