Divorzio e mantenimento della moglie: ecco come funziona
INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
Stai divorziando e ti stai chiedendo se ti spetta o se se sei tenuto a versare l’assegno di divorzio? È cambiato tutto! Ecco i 5 punti fondamentali che devi sapere!
Divorzio e mantenimento della moglie: qual è la situazione in Italia?
Spesso assegno di mantenimento e assegno di divorzio sono utilizzati come sinonimi, tuttavia sono molto diversi ed è necessario distinguerli:
- nel caso di separazione: l’assegno versato dal coniuge obbligato nei confronti del beneficiario è noto come assegno di mantenimento e mira a garantire una specie di agevolazione al coniuge più debole dal lato economico che si viene a trovare senza il sostegno dell’ex.
In conseguenza di questo, la misura del mantenimento deve essere rivolta a colmare ogni disparità di ricchezza tra i due, cercando di compensare il reddito del più abbiente con quello del meno abbiente. Il primo viene bilanciato in modo che il secondo possa godere dello stesso tenore di vita del quale godeva quando ancora era sposato e conviveva con il coniuge.
- nel caso di divorzio: l’assegno versato dal coniuge obbligato nei confronti del beneficiario prende il nome di assegno di divorzio ed ha una funzione di assistenza: il suo compito è quello di garantire l’autosufficienza economica al coniuge che, per cause che non dipendono dalla sua volontà, non è più in grado di mantenersi in modo autonomo.
A seguito della famosissima sentenza emanata dalla Corte di Cassazione il 10 maggio 2017 sono stati modificati i criteri per il riconoscimento ed il calcolo dell’assegno di divorzio:
- per l’assegno di mantenimento dovuto dopo la separazione → lo scopo resta quello di consentire al coniuge più debole la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto durante la vita matrimoniale;
- per l’assegno di divorzio → lo scopo è quello di garantire al coniuge più “debole” l’autosufficienza economica che è cosa ben diversa dall’agiatezza.
Il divorzio recide ogni legame tra gli ex coniugi → sicché uno di loro potrà aver diritto all’assegno:
- solo in mancanza di autonomia economica;
- purché questa non sia determinata da propria colpa: si pensi, ad esempio, al coniuge che si dimette dal lavoro oppure all’ex che non si impegni affatto nella ricerca di un impiego.
- Nuovi criteri per l’assegno di divorzio:
- non ha più carattere compensativo: il suo scopo non è quello di riequilibrare le condizioni economiche degli ex coniugi in modo da assicurare al coniuge economicamente più debole garantendo il diritto all’assegno;
- il giudice ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell’assegno divorzile deve tener conto:
- della durata del matrimonio → l’entità dell’assegno sarà calibrata sulla durata effettiva del matrimonio: più breve è stato il vincolo coniugale più debole sarà l’obbligo di versare l’assegno. In altre parole, un matrimonio durato poco non può costituire una sorta di “assicurazione a vita” per il coniuge più debole, il quale potrà sì aspettarsi di ricevere un assegno dall’ex, ma certamente di importo ridotto rispetto a quanto previsto nel caso di unioni più durature;
- del contributo personale fornito alla vita familiare durante il matrimonio → la donna che pur non avendo mai lavorato, si sia sempre occupata della cura della casa e dei figli, ha comunque apportato un notevole contributo alla famiglia. Tale contributo deve essere stato effettivo e non sussiste nel caso in cui la donna, pur essendo sempre rimasta in casa, si sia abitualmente avvalsa dell’aiuto di colf e di baby sitter, pesando parimenti sul bilancio familiare;
- del contributo economico fornito alla conduzione familiare durante il matrimonio → in tal caso il giudice dovrà più che altro fare riferimento alle risultanze emerse a riguardo nel giudizio di separazione;
- delle condizioni patrimoniali e personali dei coniugi → si pensi all’instaurazione di una nuova famiglia da parte del coniuge che dovrebbe versare l’assegno oppure al subentro di gravi problemi di salute che riducono la capacità lavorativa di uno dei due;
- delle ragioni della decisione → cioè dei comportamenti, anche processuali, che hanno portato alla definitiva conclusione del rapporto coniugale;
- età e condizioni di salute di chi richiede il mantenimento → essere in età lavorativa o meno ed avere eventuali patologie che rendono il coniuge inabile al lavoro;
- il contributo per figli minori, disabili o non indipendenti a livello economico
- la mancanza di una adeguata formazione professionale quale conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali;
- la ridotta capacità di reddito qualora sia:
- momentanea → cioè “dovuta a ragioni contingenti o superabili”, il tribunale può attribuire l’assegno anche solo per un determinato periodo;
- dovuta a ragioni oggettive → Non è sufficiente affermare di non avere risorse adeguate, ad esempio, perché si è casalinghe; bisognerà, invece, dimostrare in giudizio la propria effettiva incapacità economica.
In sostanza, con la sentenza del 2017, la Cassazione ha sancito che per decretare la spettanza e l’importo dell’assegno divorzile, bisogna tenere distinte due fasi, vale a dire:
- l’analisi della correttezza della richiesta → Attenzione!!! si applica il criterio dell’autosufficienza dell’ex coniuge economicamente più debole, non più quello del tenore di vita. Ciò, in sostanza, significa che l’assegno di divorzio spetterà solo all’ex coniuge che non ha mezzi adeguati e che non possa procurarseli per ragioni oggettive;
- la successiva determinazione dell’importo dell’assegno.
Mantenimento nel caso in cui la moglie lavora
La Suprema Corte di Cassazione ha voluto evitare che gli alimenti potessero diventare una sorta di rendita vitalizia e parassitaria.
Quando la ex moglie può ancora lavorare non può pretendere di vivere alle spalle del marito.
Come già detto l’assegno divorzile ha il solo scopo di garantire l’autosufficienza dell’ex.
Bisogna distinguere a seconda del lavoro che svolge l’ex moglie:
- se ha un lavoro full time, non avrà alcun diritto al mantenimento essendo questo già sufficiente per una indipendenza economica;
- se ha un lavoro part-time, il cui stipendio è minimo – ad esempio 400-500 euro al mese – l’assegno di mantenimento verrà riconosciuto ma in misura inferiore rispetto a quando sarebbe riconosciuto a una donna disoccupata.
A tal proposito si è espresso il Tribunale di Roma secondo cui all’ex coniuge che ha già un part-time non spetta il mantenimento nella misura in cui lo stipendio che già possiede gli consente di vivere dignitosamente. Anche il tribunale di Trieste ha escluso il diritto all’assegno divorzile per la moglie con un part-time se questa non chiede prima al proprio datore di lavoro un estensione delle ore – da part-time a full-time – e l’azienda gliele nega.
Mantenimento nel caso in cui la moglie non lavora
Se la moglie vuole chiedere ed ottenere l’assegno di divorzio dovrà dimostrare al giudice di essere disoccupata per ragioni indipendenti ed esterne alla sua volontà, ossia dovute:
- alla sua età: dovrà dimostrare di avere raggiunto la soglia di età che la Cassazione fissa circa con i 45-50 anni, oltre la quale è molto più difficile trovare un lavoro. La donna di mezza età disoccupata, è di per se stessa meritevole dell’assegno di mantenimento. Ad esempio, la moglie che anche se abbia lavorato quando era sposata, è stata poi licenziata, oppure chi ha un part-time e che, considerata l’età, difficilmente riuscirebbe a convertilo in un full-time.
- alla sua salute: dovrà provare di avere una patologia che le impedisce di lavorare.
- alla formazione professionale: In simili casi la donna deve dimostrare che l’assenza di un’occupazione per il periodo nel quale è stata sposata le ha impedito di maturare esperienze e di crescere professionalmente, ad esempio se si sia presa sempre cura dei figli e della casa. È l’ipotesi della casalinga o di colei che ha aiutato il marito nella sua azienda o dello studio professionale.
Attenzione!!! Tutto ciò vale, a meno che non sia giovane da potersi dire che la sua carriera nel mondo del lavoro è appena iniziata.
- alla crisi del mercato dell’occupazione: dovrà dimostrare di avere cercato un’occupazione e di non averla trovata: non è sufficiente provare di essere iscritta alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, bensì l’invio di curriculum alle aziende, la partecipazione a bandi e concorsi, la richiesta di colloqui di lavoro. Deve convincere il giudice di avere fatto il possibile per trovare un posto di lavoro e di non esserci riuscita non per sua colpa.
Mantenimento e figli: cosa fare in questo caso?
Per il mantenimento dei figli:
- si applica il criterio del tenore di vita, diversamente dal mantenimento del coniuge divorziato;
- solitamente gli assegni per il mantenimento della prole, pattuiti in sede di separazione, vengono confermati nel divorzio se non sono cambiati i presupposti di fatto per la quantificazione in occasione della separazione;
- l’assegno di mantenimento è un diritto indisponibile e non può essere rinunciato per patto tra i genitori;
- si applicano disposizioni di legge non derogabili che prevedono l’obbligo di perequare le risorse dei genitori allo scopo di metterli sempre in condizioni di mantenere la prole nel caso si separino:
- sia nelle pattuizioni con le quali i coniugi regolano i propri rapporti nella separazione consensuale, infatti il giudice dovrà sempre esaminarle. Se il giudice non le ritiene sufficienti, nessuna delle procedure di separazione consensuale può perfezionarsi – mentre nella separazione giudiziale è il giudice stesso a decidere sull’assegno;
- sia nei provvedimenti del giudice nella separazione giudiziale.
- Riassumendo, l’assegno per i figli:
- deve essere obbligatoriamente previsto se occorre perequare le risorse dei genitori;
- non è obbligatorio se non occorre perequare le risorse dei genitori.
La necessità di perequare le risorse dei genitori sussiste ed è pertanto obbligatorio prevedere un assegno di mantenimento per i figli:
- ove vi siano differenze tra le risorse – ricchezza potenziale – dei due genitori;
- se il tempo di permanenza della prole con ciascun genitore crea una sperequazione di dette risorse. Ad esempio a) Se due genitori con le stesse risorse si separano e prevedono che la prole passi il 70% del tempo con la madre e il 30% del tempo con il padre, è obbligatorio prevedere, negli accordi per la separazione consensuale, che il marito versi alla moglie un assegno allo scopo di fornire alla stessa le risorse necessarie a consentirle di mantenere la prole nel (maggior) tempo di permanenza dei figli presso di lei. b) Se il tempo di permanenza della prole è al 50% presso entrambi i genitori, ma un genitore ha risorse maggiori, deve essere previsto un assegno a favore dell’altro per il mantenimento della prole nei tempi di permanenza della stessa presso quest’ultimo.
In quali casi è possibile revocare l’assegno di mantenimento
- Interruzione dell’assegno: quando?
- è stato introdotto il cosiddetto assegno a tempo → nel caso in cui la scarsa situazione monetaria del coniuge che richiede il mantenimento sia dovuta a “ragioni contingenti o superabili”, il giudice può concedere un mantenimento che duri per un periodo stabilito.
- quando l’ex coniuge che ne beneficia si sposi nuovamente, in caso di unione civile o nel caso di una convivenza.
- Attenzione!!! il diritto all’assegno non viene ripristinato per effetto della cessazione del nuovo vincolo coniugale o di unione civile o del nuovo rapporto di convivenza.