Welfare aziendale. Come viene tassato e deducibilità
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Il welfare aziendale è uno strumento utilissimo non solo per aumentare la soddisfazione, la fedeltà e la produttività dei dipendenti, ma anche per abbattere il costo del lavoroe ottenere vantaggi fiscali.
Il regime fiscale di tutti gli elementi di integrazione dello stipendio che costituiscono il welfare aziendale, infatti, è agevolato sia per il datore di lavoro sia per il dipendente: ecco perché è importante inserirli nella pianificazione fiscale della propria azienda.
Welfare aziendale: cos’è
Il welfare aziendale è un insieme di beni e/o servizi che l’azienda fornisce ai propri dipendenti, andando a integrare il normale stipendio con elementi diversi da quelli monetari.
Si tratta di beni e/o servizi di utilità quotidiana, per la persona o per la famiglia, per i quali il dipendente normalmente spenderebbe i soldi del suo stipendio, quindi il datore di lavoro coprendo quelle spese è come se aumentasse lo stipendio dei suoi dipendenti in modo indiretto. Attenzione: il welfare è riservato ai dipendenti, di qualsiasi livello, di aziende sia pubbliche sia private.
Gli strumenti di welfare aziendale più comuni sono quelli che risultano utili per la maggior parte delle persone:
- buoni spesa
- buoni pasto
- buoni carburante
- auto aziendale
- coperture assicurative
- fondi previdenziali
- prestazioni sanitarie
- corsi di formazione
- convenzioni sportive
- mutui agevolati
- attività culturali.
Questi sono solo i più tradizionali e possono riguardare, a seconda del tipo di servizio, solo il dipendente oppure anche i suoi familiari. Per familiari si intende coniuge, figli (anche adottivi), genitori (anche adottivi), suoceri, fratelli e sorelle, nuore e generi.
Nel tempo le esigenze dei lavoratori sono cambiate, e questo si riflette anche nello sviluppo di nuovi elementi di welfare aziendale come l’acquisto di smartphone o computer, gli asili aziendali, i contributi per l’assistenza familiare e molti altri.
Spetta all’azienda analizzare i bisogni dei propri dipendenti per strutturare un piano di welfare aziendale che sia realmente utile. È anche possibile fornire ai dipendenti libertà di scelta nell’ambito del ventaglio di benefit e del tetto di spesa offerti dall’azienda.
Welfare aziendale: tassazione
La caratteristica fondamentale che rende gli strumenti di welfare aziendale vantaggiosi sia per il datore di lavoro sia per i dipendenti è il loro trattamento fiscale, cioè il modo in cui vengono tassati e la deducibilità.
La normativa che regola questo e altri aspetti del welfare aziendale si trova nel TUIR e ha subito modifiche sostanziali con la Legge di Stabilità del 2016.
Partendo dalla tassazione, il grande vantaggio è che tutti gli elementi citati nel precedente paragrafo sono esenti dall’IRPEF (art. 51 TUIR): non aumentano il reddito imponibile del lavoratore, quindi aumentano il suo potere d’acquisto senza conseguenze sulle tasse che dovrà pagare. Non solo il welfare aziendale non viene tassato: è anche esente dai contributi INPS. Simmetricamente, questo è un vantaggio per l’azienda perché è un modo per aumentare gli stipendi senza aumentare il costo del lavoro con contributi e tasse che dovrebbe pagare per i dipendenti.
Nell’inserire gli strumenti di welfare aziendale nella pianificazione fiscale aziendale, però, bisogna fare attenzione alle soglie di esenzione: per alcune tipologie di benefit c’è una soglia oltre la quale decade l’esenzione dalle tasse e dai contributi. Se si supera questa soglia, è necessario versare i contributi sul valore che eccede il limite. L’art. 51 del TUIR elenca tutte le tipologie di servizi che possono rientrare nel welfare aziendale e le modalità di fruizione degli stessi.
L’esempio classico è quello dei buoni pasto: sono esenti solo fino a 8 euro al giorno, oltre questo importo concorrono a formare reddito imponibile per il dipendente. Ma le soglie di esenzione possono variare di anno in anno, quindi è fondamentale restare aggiornati sulla normativa vigente per non incorrere in sanzioni. Per esempio, i cosiddetti fringe benefit, cioè buoni per l’acquisto di alimentari, benzina o altri beni accessori, sono soggetti a una soglia di esenzione di 258,23€, che però è stata alzata da decreti ad hoc nel 2020, 2021 e di nuovo nel 2022 per l’emergenza Covid. Anche le forme di previdenza complementare e di assistenza sanitaria integrativa prevedono ciascuna le proprie soglie.
Un’altra condizione da rispettare per ottenere la detassazione del welfare aziendale è che i benefici siano rivolti a tutti i dipendenti oppure a categorie omogenee di dipendenti, per esempio a tutti quelli che ricoprono un certo ruolo, a tutti quelli di un determinato livello, a tutti quelli di un’area geografica specifica ecc. Se vengono erogati strumenti di welfare solo a un dipendente o a dipendenti selezionati senza un criterio di categoria, si perdono le agevolazioni fiscali.
Welfare aziendale: deducibilità
Dal punto di vista dell’azienda fornire questi benefit ai propri dipendenti è anche un modo per pagare meno tasse, perché le spese per l’acquisto di tali beni o servizi possono essere deducibili al 100% dal reddito imponibile aziendale.
L’acquisto di strumenti di welfare aziendale per i dipendenti, perciò, si traduce in un risparmio sulle tasse da pagare per l’azienda, ma c’è una condizione fondamentale da rispettare perché ciò avvenga: a partire dalla Legge di Stabilità del 2016, per poter dedurre dall’imponibile IRES i costi sostenuti dall’impresa per il welfare aziendale, gli strumenti di welfare proposti devono essere previsti dal contratto nazionale collettivo oppure dal regolamento aziendale, cioè accordi vincolanti non revocabili e non modificabili nel periodo in cui sono in vigore, se non a favore dei dipendenti.
Se i benefici di welfare aziendale non sono concessi sulla base di contratti collettivi, ma derivano da un’iniziativa volontaria e unilaterale dell’azienda, la deducibilità si limita allo 0,5% delle spese sostenute (art. 100 TUIR).
Il regolamento aziendale deve contenere i riferimenti normativi del welfare aziendale, i servizi previsti scelti dall’azienda, i beneficiari, le istruzioni e i tempi per usufruirne, e deve naturalmente essere noto ai dipendenti. Come anticipato, l’azienda può decidere se indicare nel regolamento i servizi offerti uguali per tutti, oppure lasciare al dipendente la scelta in una rosa di alternative e con un tetto massimo di spesa, il tutto specificato nel regolamento.
L’azienda può poi decidere se gestire autonomamente l’erogazione dei benefici tramite voucher, oppure affidarsi ad aziende specializzate che implementano piattaforme online tramite le quali ciascun dipendente può accedere ai servizi di welfare. Questa seconda modalità è la più diffusa, specialmente fra le aziende medio-grandi, e concede una maggiore flessibilità ai dipendenti nella scelta e nella personalizzazione dei servizi.
Premi di produttività e welfare
Rispetto a tutti gli altri strumenti di miglioramento retributivo, il welfare aziendale è l’unico che consente di erogare un vantaggio netto al dipendente senza costi per l’azienda. Un insieme di strumenti welfare del valore di 800€ significano 800€ in più nelle tasche del dipendente al costo di 800€ per l’azienda, mentre lo stesso valore aggiunto allo stipendio in forma monetaria avrebbe un costo fino al doppio per l’azienda. Le cose migliorano, ma non del tutto, con i premi di produttività. Anche questi, infatti, godono di vantaggi fiscali, sempre grazie alla Legge di Stabilità 2016 (aliquota agevolata al 10%), ma non sono mai completamente detassati e sono comunque soggetti agli oneri contributivi.
A tal proposito, è bene sapere che la Legge di Stabilità 2017 ha introdotto in più la possibilità di trasformare i premi di produttività in welfare aziendale: il dipendente che riceve un premio di questo tipo può convertirne il valore in beni o servizi di welfare aziendale, beneficiando della detassazione totale. Sono però convertibili solo i premi che sono riconducibili al raggiungimento, da parte del dipendente, di obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione prestabiliti in base ad accordi contrattuali nazionali o territoriali di II livello.
Ci sono altre due condizioni per la convertibilità:
- reddito del dipendente inferiore a 80.000€ nell’anno precedente;
- importo da convertire pari o inferiore a 3000€.
Vantaggi del welfare aziendale
Da quanto detto finora si capisce quanto il welfare aziendale sia uno strumento prezioso sia per l’azienda sia per i lavoratori, da un punto di vista più ampio di quello meramente economico.
Per i lavoratori è non solo uno strumento per avere una retribuzione più soddisfacente e gratificante, ma anche un aiuto per la gestione familiare e la conciliazione tra lavoro e vita privata. Lavoratori gratificati e supportati significano per l’azienda maggiore produttività, un migliore clima sul lavoro, più fiducia e quindi più competitività, meno dimissioni e più attrattività verso eventuali nuove risorse. Sono vantaggi indiretti che si sommano al risparmio economico sulle imposte e contribuiscono a mantenere il business sano e a sostenerne la crescita.
Lo Stato stesso incentiva il ricorso al welfare aziendale, perché spesso risponde a bisogni essenziali che normalmente ricadono sul servizio pubblico: è un vantaggio per tutti.
Perché sia uno strumento efficace, il welfare aziendale deve essere strutturato con attenzione, da un lato facendo un’attenta analisi dei bisogni dei dipendenti per proporre benefit realmente utili e che verranno effettivamente fruiti, dall’altro verificando in modo professionale l’idoneità fiscale del piano predisposto, per evitare perdite e contestazioni. Non esiste, infatti, un piano welfare adatto a tutte le aziende, bensì ognuna deve creare il proprio in base alle proprie esigenze e a quelle dei lavoratori e in questo percorso è fondamentale la consulenza di un professionista di fiducia.
Avv. Carlo Alberto Micheli